giovedì 6 febbraio 2014

Celebrazioni per la Giornata della Memoria a Spoltore

Giornata della Memoria
Comune di Spoltore
con la collaborazione delle Edizioni Tracce
Un’attenta riflessione sul vero significato della Giornata della Memoria ha caratterizzato l’iniziativa “Il valore della dignità umana nel ricordo della Shoah”, che si è svolta lunedì 27 gennaio presso il Comune di Spoltore.
Protagonisti della cerimonia sono stati gli studenti delle classi terze della scuola media ‘Dante Alighieri’, che hanno avuto la possibilità di scrivere dei temi sul senso profondo di questa commemorazione, cercando di fare una parabola temporale tra i terribili fatti avvenuti durante la seconda guerra mondiale e la società contemporanea.
I testi sono stati valutati da una giuria qualificata, composta da Vito Moretti, poeta e docente universitario; Franco Farias, segretario Fnsi Abruzzo e Raffaele Rubino, poeta e cantautore. 
Francesco Mucilli è il vincitore. 
Il secondo e il terzo posto sono stati assegnati rispettivamente a Cristina Ionita e Giulia Renzetti (coautrici) e ad Alisa D’Intino. 
Di seguito troverete i testi dei tre vincitori
La cerimonia è stata coordinata dalla consigliera Francesca Sborgia
Tra i presenti, anche il Preside della scuola media di Spoltore Bruno D’Anteo.
“Le razze non sono mai esistite, sono una mistificazione, un imbroglio – ha sottolineato il professor Moretti -. Bisogna cercare i segni del bene anche nei momenti più bui”. 
Sulla stessa linea il giornalista Franco Farias: “L’emanazione delle leggi razziali sono state una vera follia, ma purtroppo la tentazione del razzismo non è svanita. È dunque necessario sensibilizzare i più giovani per evitare che questi modi di pensare persistano”.
“Coinvolgere il mondo della scuola è necessario, per far capire ai ragazzi il senso profondo della Giornata della Memoria e per mantenere vivo il ricordo di quel terribile periodo storico – ha affermato l’assessore alla Pubblica Istruzione Massimo Di Felice -. Credo che solo la cultura, la memoria e le testimonianze possano costituire delle valide difese contro l’odio e la violenza”.
Dopo la lettura dei temi, sono state proiettate delle foto del campo di concentramento di Auschiwitz, visitato dagli ex alunni della scuola media di Spoltore lo scorso anno. 
Spazio anche alla musica grazie al cantautore Raffaele Rubino - autore della silloge poetica "Il tempo è (un) poeta (Edizioni Tracce 2012) - che ha suonato alcuni brani, tra cui quello tratto dal film “La vita è bella”, di Roberto Benigni.
Il tema del VINCITORE Francesco Muccilli:
Ben oltre l’obbligo di ricordare il passato, il senso profondo del Giorno della Memoria, istituito in Italia con la legge 20 luglio 2000, coincide con i valori fondamentali di pacificazione civile, come la responsabilità individuale, la dignità umana, la libertà democratica e la lotta al razzismo. Nel ricordare la Shoah, prova a trovare dei collegamenti tra i fatti avvenuti durante la seconda guerra mondiale, quando milioni di uomini, donne e bambini sono stati perseguitati e poi uccisi nei campi di concentramento e la società contemporanea. 
Un freddo treno, anzi, troppi treni, portavano ogni volta centinaia e centinaia di ebrei nei campi di concentramento. Treni merce che segnavano il passaggio dalla libertà alla reclusione, da una voluta professione ai lavori forzati, ma soprattutto, dalla vita alla morte. Dentro quei treni non merce, ma uomini, che, entrati nei lager, perdevano la propria identità, la propria dignità. Erano ormai solo numeri. Numeri. E basta. Numeri sfruttati, colpiti, insultati, uccisi. Così, sei milioni di ebrei furono sterminati. Senza colpa. Deboli. Indifesi. Oggi tutti questi atti terribili vengono racchiusi nella parola “Shoah”. Di fronte a questi avvenimenti ancora oggi le persone si commuovono e manifestano la loro rabbia per come tutto ciò sia potuto succedere. Come è potuto accadere tutto questo? Assenza di pace. Per questo oggi si cerca di convivere senza offendere, danneggiare o ledere i diritti degli altri. Comunque, per molti, l’unico evento in cui sono stati violati i diritti umani rimane quello dello sterminio degli ebrei. Quello, sicuramente, è stata la pagina della storia più terribile e sconvolgente, ma quante piccole Shoah ci sono state e ci sono ancora oggi nel mondo? Senza nulla togliere alla tragicità dell’Olocausto, non mi sembra giusto non considerare le foibe e i genocidi degli Armeni e del gruppo etnico dei tutsi in Ruanda. Non se ne sente, infatti, parlare altrettanto. E che dire dell’apartheid? Da leggi razziali durissime si è arrivati alla libertà in Sudafrica per tutte le persone di colore, grazie a un uomo, Nelson Mandela, che ha dedicato tutta la sua vita per combattere le ingiustizie sociali che dominavano la sua terra. Lui voleva vivere per quegli ideali di uguaglianza e libertà, ma era disposto a morire per lo stesso motivo. 
Spesso, però, si pensa alla PACE tra gli uomini come a qualcosa di astratto, relativo solo ai conflitti internazionali o interni agli stati. La PACE, invece, E’ UN MODO DI ESSERE, di vivere la quotidianità. Ecco, io credo che tutti noi, nel nostro piccolo, spesso non rispettiamo gli altri, partendo dal superare in una fila chi è davanti, per arrivare al conflitto con il compagno di banco. Si pensa sempre che siano gli altri a non rispettare le regole, e che noi non offendiamo e non facciamo male a nessuno. Forse perché si crede che la sofferenza fisica sia sempre più dolorosa di quella morale. Basta guardare nella realtà dei giovani: si vedono ragazzi che soffrono, in disparte, vittime di insulti e prese in giro costanti, da parte di quelli che si ritengono più bravi, più forti. Questa non è una forma di NON RISPETTO? 
Addirittura ci sono alcuni che si prendono gioco delle persone in difficoltà. Uomini africani, vittime di conflitti e disastri naturali, che pagano tutto ciò che hanno a quelli che dovrebbero avviare il loro “viaggio della speranza”. Non è poi così tanto facile. Tutti ammassati. Su barconi che oscillano tra l’affondare e il nascondersi tra le onde del mare tempestoso. Al freddo. D’inverno. Anche donne e bambini. Magari pregano per non incontrare la guardia costiera, vicino l’Italia, perché in quel caso sarebbero tutti lasciati in mezzo al mare. Senza orizzonte. Di notte. Abbandonati dagli stessi a cui avevano consegnato tutto ciò che possedevano. Io trovo che anche questo sia non rispettare la dignità umana. 
Mi sembra giusto parlare ora anche dei bambini islamici che arrivano nel nostro paese e nel resto d’Europa. Molti oggi si ritrovano a guardare uno di quei ragazzini arrivati in Italia da poco; si rimane stupiti della gioia nei loro occhi. Sono allegri e contenti semplicemente grazie a un appartamento di pochi metri quadri, magari con la vernice consumata, e grazie alla possibilità di sedersi a tavola a pranzo e vedere qualcosa nel piatto. Questo ci deve far riflettere. Confrontiamoci, noi, con quei bambini: loro hanno meno del minimo e sono felici, noi abbiamo molto ma sorridiamo poco. Ed ecco, anche ciò che ci sembra scontato, per quei giovani africani, afghani o iraniani è una conquista. Pare un sogno per loro poter camminare tranquilli per la strada, senza correre il rischio di essere rapiti, assaliti o uccisi da colpi di mitra, risuonanti e consueti nei loro paesi d’origine. 
Questi stessi bambini potrebbero, però, anche essere vittime di razzismo. Ma come si può concepire che una persona sia condannata dagli altri a causa del colore della propria pelle o delle proprie tradizioni? Per questo soffrono, abbassano lo sguardo. Addirittura potrebbero convincersi della loro inferiorità. Tutto questo è inammissibile. E poi, essere superiori significa insultare e deridere gli altri?! Io non credo. E intanto l’autostima, la fiducia in se stessi, l’allegria, la serenità svaniscono, si bruciano, come i corpi degli ebrei nei forni crematori. Si consuma il corpo. Si consuma l’anima di una persona. E’ orribile dover morire a vent’anni per la pazzia di qualcuno, ma è altrettanto logorante dover vivere senza la possibilità di poter nemmeno accennare un sorriso di fronte a qualcosa. 
Ora doveroso è un pensiero rivolto a molte donne. Vittime di violenze. Se ne sono contate troppo nelle guerre, anche recenti. Mettono al mondo in questo modo figli che smuovono in loro amore e sofferenza al tempo stesso. Ciò significa veder crescere quel bambino, e sentirsi rinnovare ogni giorno la sofferenza, il dolore. Ed il drammatico ricordo cresce. Non ha più spazio. Sale. Si ferma. Sembra voler uscire… Ma niente. E’ un qualcosa che non ci si lascia alle spalle. Irremovibile. Inciso nel cuore, nella mente, nei gesti di quelle donne, non rispettate, prima di tutto, come esseri umani. Ecco, il tragico destino degli ebrei si ripete. 
Tutto questo è l’angoscia degli uomini, i loro tormenti. Per concludere, il pianto dei bambini clandestini, la sofferenza delle vittime del razzismo, il dolore delle donne violentate, la paura e il terrore dei perseguitati, le urla dei ragazzi sconvolti, li voglio racchiudere in questa frase tratta dalla canzone “Auschwitz” interpretata da Francesco Guccini: “ E’ strano, ma non ho imparato a sorridere qui nel vento”. Con questa espressione tanto bella quanto triste, mi rivolgo al mondo per chiedergli di far vivere tutti gli uomini nella PACE.


Il tema delle SECONDE CLASSIFICATE Ionita Cristina e Renzetti Giulia
Io credo che i bambini nel mondo debbano essere liberi di crescere e diventare adulti, in salute, pace e dignità”. Sono  parole che Nelson Mandela, affettuosamente chiamato Madiba,  pronuncia nel film “INVICTUS” che noi abbiamo visto a scuola. “Ho  lottato contro il dominio bianco e contro il dominio nero. Ho coltivato l’ideale di una società libera e democratica nella quale tutti possano vivere uniti in armonia, con uguali possibilità. Questo è il mio ideale per il quale speravo di vivere”.
Stranamente, ho accostato la storia di Primo Levi a quella di Mandela dopo aver letto la poesia, “Se questo è un uomo” preludio al suo romanzo “La tregua”. Nonostante le differenze, li accomuna la grande sofferenza causata principalmente dal razzismo. Ma al contrario di Mandela, Levi non ha sopportato il peso dell’esperienza della prigionia, dell’essere un sopravvissuto. Mi ha impressionato la durezza con la quale ha chiuso la poesia: vi è racchiuso tutto il suo dolore dal quale sembra trovare sollievo solo se le nuove generazioni parleranno e rifletteranno su ciò che è stato perché non si ripeta più, fino a pronunciare una maledizione verso chi continuerà a far finta che non sia successo niente. Ci “ordina“ di ricordare e di tramandare il ricordo del Male assoluto rappresentato dalla  Shoah (lo sterminio del popolo ebraico).
Ricordare, nella più stretta etimologia di “ri-portare al cuore” è ciò che l’Italia ha inteso fare promulgando la legge n. 211 del 2000, riconoscendo il 27 gennaio come “Giorno della memoria”. (Anche noi che frequentiamo la terza media, siamo nati nel 2000 – abbiamo la stessa età!).
Lo scopo è ricordare la Shoah, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che sono stati deportati, la prigionia, la morte e tutti coloro che si sono opposti al progetto della “soluzione finale”. Fin dalla scuola primaria ho sentito termini come Shoah, olocausto, ebrei, camere a gas, treni, genocidio … di cui non ho mai colto pienamente il significato, ma crescendo, con la maggiore consapevolezza e la maggiore capacità di comprensione, sono diventati per me  il simbolo di un periodo della nostra storia terribile e buio.
Cosa resta di quegli anni? Testimonianze dei superstiti, documenti, filmati, foto, diari, lager, luoghi ormai di dolorosi  pellegrinaggi dove, chi ci è andato ha detto che  si respira “l’odore della sofferenza”.
Ma perché tutto questo? Perché si arriva a compiere atti così disumani?
Mandela diceva: ”Nessuno è nato schiavo, né signore, né per vivere in miseria, ma tutti siamo nati per essere fratelli”. Eppure è stato permesso a Hitler e a quelli come lui di progettare, pianificare l’eliminazione di milioni di persone. Con la scusa della superiorità degli Ariani, Hitler aveva dato inizio al genocidio di una stirpe intera deportandolo in campi di concentramento, costringendoli ai lavori forzati e a una tragica morte. Non morivano solo gli ebrei, ma anche minoranze come zingari, omosessuali, apolidi, delinquenti, asociali e coloro che contrastavano la politica nazista/razzista.
Gli  uomini dovevano sottomettersi alle leggi razziali che, com'era accaduto in India e come sarebbe accaduto  in Sudafrica, venivano privati di ogni libertà democratica di cui avevano goduto fino a quel momento e  non più considerate persone perché spogliate della loro dignità e identità.
Anche l'Italia aveva seguito l'esempio hitleriano promulgando  le leggi razziali e dopo lo scoppio della Seconda guerra mondiale furono istituiti campi di concentramento. In Abruzzo, “terra forte e gentile”, alla fine della guerra, se ne contarono 15. In essi, non furono commesse atrocità paragonabili a quelle che si ebbero nei lager più tristemente celebri, ma furono  ugualmente luoghi di razzismo, umiliazione e violenza. Oltre ai campi di concentramento, furono creati anche dei campi di internamento (59) per coloro che rifiutavano il regime fascista. In alcuni casi , i prigionieri furono trattati con grande umanità. Uno dei fenomeni che è rimasto più impresso nella memoria degli Abruzzesi è quello delle migliaia di persone che furono costrette ad abbandonare interi paesi, fatti evacuare dai Tedeschi o distrutti dai combattimenti. 75 mila persone, senza più una casa, senza cibo e vestiti arrivarono a Chieti dove furono aiutati e ospitati  in edifici pubblici e nelle case di privati  cittadini. Le condizioni non erano delle migliori, ma non potevano far nulla perché era meglio accettare le cose così come stavano, anziché andare contro la politica fascista. (Una storia da raccontare – R. Melchiorre).
Dall’Abruzzo partivano anche i treni,  che servivano per trasportare le merci, carichi di prigionieri diretti nei vari campi di sterminio.
A porre fine a questo massacro  intervennero  l'URSS e gli USA.  Nel marzo 1945 le forze americane, dopo aver liberato Belgio e Olanda, attaccarono la Germania da ovest, mentre  l'Unione Sovietica avanzava da est.  Il 7 maggio 1945 una Germania moralmente e materialmente distrutta, firmò "la resa senza condizioni". Il  25 aprile gli alleati  liberarono l'Italia. La guerra in Europa era finita. Furono aperti  i cancelli di tutti i campi di concentramento. Fra tutti vi è quello di Auschwitz, aperto  il 27 gennaio 1945, diventato  simbolo della fine del nazismo.
Grazie ai processi di Norimberga oggi sappiamo molto sulla Shoah. Furono  processati  i capi tedeschi e durarono dal 20 novembre 1945 al 1 ottobre 1946. Hitler venne accusato insieme ad altri 20 capi della catastrofe. In quel processo accusa e difesa produssero in totale 5 mila elementi di prova. Molti di loro fuggirono nel Sudamerica, altri si suicidarono. Le prove documentarono in modo schiacciante la loro colpevolezza. Di fronte ad una giuria inorridita, furono letti gli agghiaccianti documenti delle ditte produttrici di gas e forni crematori, lettere che documentavano il numero di morti. Testimoni e documenti, rivelarono atrocità di ogni tipo come le testimonianze relative agli esperimenti condotti su prigionieri usati come cavie. La fine della guerra portò gli Stati vincitori a istituire l’ONU, un’organizzazione internazionale i cui scopi principali sono: evitare altre guerre, difendere i diritti degli uomini, difendere i diritti dei popoli all'autodeterminazione. A San Francisco proposero di dotarsi di una vera e propria forza armata, i CASCHI BLU.
Ma USA e URSS, sempre in conflitto, arrivarono ad una "guerra fredda". Ma che cos'è una guerra fredda?  “Una guerra impossibile, una pace improbabile”. Queste parole stanno a significare che URSS e  USA non erano scese  in campo con le armi, ma si contendevano il primato di potenza mondiale. Questa situazione finì quando la Russia, sotto la presidenza di Gorbaciov, visse  una profonda crisi economica e politica che causò la rivolta del popolo e dei militari. Nel 1989 fu abbattuto il muro di Berlino che la divideva in due, a dimostrare che il rispetto dei diritti umani è  l’unica via per  la risoluzione di tanti problemi.
Tanti hanno scritto per non dimenticare, perché “ comprendere gli orrori della guerra è impossibile, ma conoscere è necessario” (la scrittrice tedesca Helga Schneider).
“PERCHÈ NESSUNO PROTESTÒ" è una poesia di Martin Niemoller, un pastore luterano che fu prigioniero in un lager. La scrisse immedesimandosi nella personalità di un cittadino tedesco qualunque; voleva far capire l’atteggiamento comune di indifferenza di fronte a ciò che stava accadendo. Quando  molti di loro furono coinvolti, non c’era più nessuno a cui chiedere aiuto.
Musicisti e  pittori  con note musicali imponenti e dipinti inquietanti hanno comunicato idee comuni sulla guerra.
Picasso  nel suo “GUERNICA” denuncia il massacro nel suo paese  ad opera dei tedeschi. L'opera è un grido contro la guerra, un manifesto contro la brutalità del massacro, la condanna di un atto barbarico, anticipazione di un dramma che di lì a poco si sarebbe consumato con conseguenze devastanti per l’intera umanità. La brutalità del massacro rivela quanto il male non conosca limiti. Quando un generale tedesco gli chiese se lo avesse fatto lui, egli rispose che erano stati loro.
Nel campo musicale, un grande esempio è Arnold Schoenberg che compose un brano, intenso e significativo - IL SOPRAVVISSUTO DI VARSAVIA -  ispirato al racconto di un ebreo sfuggito miracolosamente allo sterminio degli ebrei da parte dei nazisti. L’orchestra è ricca di strumenti a percussione che contribuiscono notevolmente a evocare la drammaticità del racconto.
Purtroppo ancora oggi, nel mondo, ci sono stragi causate da  attentati terroristici, dovuti a uomini che vogliono a tutti i costi il potere. Un triste esempio è  l'attentato dell'11 settembre 2001 alla Torre Gemelle di New York. Dopo aver colpito le Twin Towers, un aereo si abbatté  sul Pentagono, sede dell'esercito degli USA. Il presidente Bush venne scortato dai caccia e annunciò al mondo che gli attentati erano stati organizzati dallo sceicco Osama Bin Laden, capo dell'organizzazione terroristica islamica che aveva chiesto asilo in Afghanistan dove per questo iniziò la guerra perché  gli Afghani non lo volevano consegnare. In due mesi le forze armate dell'ONU rovesciarono il regime talebano, ma non catturarono lo sceicco.
Ogni giorno, i mezzi di comunicazione riportano notizie di altri massacri in un crescendo di crudeltà senza fine, come è stato in Armenia, in Iugoslavia, negli USA, oggi in Afganistan, in Siria, in Egitto, senza dimenticare l’Asia,  il Sud America. In Africa sappiamo dei bambini soldato che sotto gli effetti della droga compiono massacri. L’antisemitismo, il razzismo purtroppo non sono scomparsi.
L’Europa, in particolare l’Italia, tra i tanti problemi vive quello dell’immigrazione clandestina. Gente rinchiusa nei centri di accoglienza che diventano prigioni. Non più treno merci ma “carrette del mare”; molti affogano o muoiono di sete e di stenti: altri morti per la libertà, per il riconoscimento dei diritti più naturali come quello di voler vivere nel rispetto della propria dignità di essere umano.
Mandela sognava di costruire una “nazione arcobaleno” per una convivenza pacifica nel rispetto di tutti e ciascuno e noi, giovani del futuro, dovremmo  far nostro il sogno di questo grande uomo, impegnandoci per realizzarlo.

Il tema della TERZA CLASSIFICATA D’Intino Alisia
La storia, questa materia a volte non amata da noi ragazzi, ci consegna invece, il ricordo di come l’uomo ha vissuto nel corso dei secoli, per sua scelta o perché vi è stato costretto.
Noi ragazzi abbiamo imparato che gli uomini hanno lottato per affermare il loro diritto alla libertà e alla dignità, e che per questo sono anche stati duramente perseguitati.
Coltivare la memoria degli eventi del passato ci ha insegnato che non siamo soli. Le nostre insegnanti ci hanno guidati a capire che la storia dell’umanità non è una successione arida di fatti, ma riserva invece grandi sorprese nel bene e nel male.
Ci siamo appassionati a studiare la vita e l’opera di Nelson Mandela che ha avviato la pacificazione in Sud Africa, tra il popolo bianco e quello di colore, o quella di Ghandi che si è battuto per affermare i diritti di libertà e d’indipendenza dell’India, la sua terra.
Dunque, sfogliare le pagine del libro di storia, guardare le immagini e riflettere sui documentari, ha richiesto impegno ma ci ha dato anche coscienza di quello che accade nel mondo.
Ma eccoci giunti al 27 Gennaio, proclamato Giorno della Memoria. Cosa, noi tutti, giovani ed adulti, siamo chiamati a commemorare?
“Shoah”, possiamo ascoltare e pronunciare tante volte questa parola, ma se non riallacciamo i fili della memoria storica, essa rimarrà sempre, per noi tutti, una parola vuota.
Adesso il mondo conserva testimonianze concrete come le baracche di Aushwitz, letterarie, come quella di Primo Levi, a ricordo di quella grande catastrofe: lo sterminio sistematico di 7.000.000 di Ebrei.
Ma noi, ragazzi del nuovo secolo, cittadini di domani, cosa possiamo sapere e capire di ciò che è accaduto?
Possiamo solo provare ad immedesimarci nel dolore dei sopravvissuti, o cogliere, tra le righe dei racconti-testimonianza di chi ha visto, non solo il dolore, ma anche la speranza che l’umanità rifiuti ogni barbarie.
Dice Primo Levi, in “Se questo è un uomo”: ”Allora per la prima volta ci siamo resi conto che la nostra lingua manca di parole per esprimere l’annullamento di un uomo”.
Quanto dolore può venir fuori da questa frase, tratta da una delle tante testimonianze scritte?
Sembrano parole messe lì a caso, senza un ordine, mentre invece hanno un significato, una storia, e comunicano un immenso dolore.
Noi, ragazzi di adesso, non abbiamo ricordi diretti, sono gli altri a ricordare per noi, ed inizia a nascere un senso di rispetto e curiosità nel nostro profondo, e più domande facciamo, più risposte abbiamo, più il termine “Shoah” si riempie di significato.
Milioni di uomini, con l’unica colpa di essere nati diversi; Ebrei, omosessuali, zingari, disabili, oppositori politici, si sono visti sottrarre il diritto alla vita, alle libertà e alle dignità.
Nel giorno della memoria, ricordiamo con rispetto i milioni di Ebrei morti a seguito di un progetto, sistematico e scientifico, di sterminio.
Ma perché l’Olocausto?
Hitler, nominato cancelliere dal presidente della Repubblica tedesca, nel 1933, getta le fondamenta per la costruzione di uno stato dittatoriale razzista.
Viene giustificato nel suo intento dalla diffusione di false scienze che sostengono la superiorità culturale, morale e intellettuale della razza tedesca su tutte le altre.
Il popolo tedesco non si interrogò, non si pose domande e la Germania venne profondamente percossa dalle idee razziste.
L’ideologia razzista è pericolosissima, perché diffonde odio e disprezzo verso chi è diverso da noi.
Nel 1935 vengono promulgate le leggi razziali, o di Norimberga che sanciscono, appunto, il principio della superiorità culturale, morale ed intellettuale della razza tedesca, precisamente quella Ariana, sugli Ebrei; esse sono un totale insulto alla dignità umana.
Ad esempio, vietare matrimoni tra Tedeschi ed Ebrei, così come vietare agli Ebrei di intraprendere attività commerciali significò negare un semplice diritto degli uomini: il diritto di scegliere.
Il progetto di odio e sterminio, che nascondeva interessi economici e politici, si realizzò nei Lager, ovvero i campi di concentramento. Dove l’uomo non fu più un uomo, ma solo un numero. “Vi chiedo se questo è un uomo, che muore per un sì o per un no”.
Oggi che l’olocausto è da tutti ripudiato, noi ragazzi ci siamo chiesti, con la nostra insegnante, se la libertà di scelta e la dignità umana siano sempre rispettate nel mondo in cui viviamo.
Dalle letture svolte in classe abbiamo capito che purtroppo i diritti umani sono ancora offesi in tanti luoghi del mondo. Pensiamo alle condizioni della donna in alcuni paesi asiatici, dove le donne, nella maggioranza dei casi, non hanno il diritto all’istruzione, sono vittime di violenza e possono essere scambiate e vendute come oggetti: “ Le spose bambine”, storie di bambine vendute come spose. Ma non solo così lontano … purtroppo anche da noi in Italia le donne sono ancora vittime di violenze.
Letture e documentari ci hanno fatto capire come i nostri coetanei pakistani o brasiliani, i bambini tessitori, i ragazzi delle favelas, i bambini soldato si vedono negare ogni giorno il diritto al gioco, allo studio, al riposo …
Infine anche il lavoro svolto sui fatti di Lampedusa accaduti qualche mese fa, ci ha insegnato che la libertà democratica e la dignità umana sono, per tanti profughi, ancora solo un sogno. Infatti tanti di loro fuggono dalle dittature, dalle ingiustizie e dalle guerre.
Ci sono state e forse ci saranno sempre violazioni della dignità umana.
Ma come possiamo oggi opporci al razzismo, alle guerre, allo sfruttamento?
Perché l’uomo, anche dopo aver vissuto stragi così grandi, continua a calpestare i diritti fondamentali, necessari alla convivenza civile?
Il mondo è così pieno di ferite perchè l’essere umano non pone limiti al suo desiderio di potere; cosa possiamo fare noi, giovani di oggi?
Da soli possiamo solo dare l’esempio, possiamo differenziarci provando a fare delle scelte giuste, ma per scegliere dobbiamo informarci, conoscere, ed anche studiare.
La conoscenza può aiutarci ad essere più liberi.
Abbiamo bisogno di parlare, di stare insieme, di costruire legami. Poiché siamo tutti diversi, sarebbe bello se imparassimo a stare con gli altri.
La scuola e la famiglia, attraverso il confronto e l’esempio possono aiutarci a riflettere per superare l’indifferenza verso i mali del mondo, e possono aiutarci a sviluppare un modo di pensare ispirato alla solidarietà, e al rispetto dei diritti delle persone.
Ricordiamo anche l’art. 3 della nostra Costituzione che afferma: ”Tutti i cittadini sono
uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, razza, religione, opinioni politiche, condizioni sociali”. Impariamo a rispettarlo.
Voglio quindi concludere questo tema con le parole di Primo Levi: “meditate che questo è stato, vi comando queste parole, ripetetele ai vostri figli”. Esse suonano alle nostre orecchie come un monito.
La memoria storica ci sia d’aiuto per prevenire altre tragedie.

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