giovedì 8 maggio 2014

Il senso della gloria da Dante a Schopenhauer: la recensione di Lucia Fruttaldo al nuovo libro di Aldo Onorati

Condividiamo la recensione di Lucia Fruttaldo al nuovo libro di Aldo Onorati Il senso della gloria in Dante, Foscolo, Schopenhauer e Leopardi (Edizioni Tracce, 2014), uscita sul mensile "Leggere:tutti" - n. 85, aprile 2014 - alla pag. 23.
Il nuovo saggio di Aldo Onorati, dantista e critico letterario, esamina il ruolo della gloria nelle opere di Dante, Foscolo, Schopenhauer e Leopardi

Quattro autori di grande impegno  ermeneutico, profondamente  simili e diversi fra loro (mi si permetta questo ossimoro), sono esaminati da Aldo Onorati, dantista e critico letterario, in un aspetto che potrebbe sembrare secondario o scontato: il senso che essi hanno della gloria, per la quale, tutto sommato, scrivono e alla quale puntano con le loro opere. Però, proprio in questo settore essi esprimono idee insospettate, che svuotano la gloria del suo significato, fino a distruggerla del tutto (Leopardi). 
L’autore del testo, studioso attento alle sfumature, premette al suo saggio (“Il senso della gloria in Dante, Foscolo, Schopenhauer, Leopardi”, ed. Tracce, pp. 118, e. 11,00, collana diretta da Fabio Pierangeli dell’Università di Roma Tor Vergata) un discorso distintivo del significato delle parole con cui oggi si fa confusione: gloria, fama, successo, popolarità, e le approfondisce dell’etimologia storica, spiegando il senso che i secoli hanno dato via via a ognuno di questi vocaboli. Vedremo, leggendo il testo, che la distinzione più netta fra i termini la opera Schopenhauer, affermando che la vera gloria si ha solo dopo la morte o al più nella tarda vecchiaia e che gli dèi non donano insieme gloria e giovinezza (un appunto all’andazzo odierno di favorire comunque “la prima età” in ogni campo, specie in quello letterario, diversamente da un tempo non lontano in cui, prima di portare alle stelle un giovane, si attendeva la sua maturità intellettuale, artistica e culturale).Ma anche Dante punta il suo sguardo critico al “mondan romore”, e lo fa nell’undicesimo canto del Purgatorio, quando, parlando dei superbi, riflette sulla pochezza del successo, dicendo che un nuovo ingegno cancella il precedente, e tutto sarà stato niente al cospetto dell’eternità (la gloria appartiene solo a Dio). Foscolo, di cui abbiamo un vasto repertorio antologico dalle lezioni all’Università di Pavia, riportato in florilegio da Onorati, mette in luce la fatica di imporsi in un mondo pieno di invidie, ma indica allo scrittore di non inseguire la fama, di non falsare il fine delle Lettere con i maneggi che nulla hanno a che vedere con la grande Arte: egli dice al poeta di essere utile alla patria e di insegnare le cose nobili ai suoi concittadini. Leopardi, nell’Operetta Morale “Il Parini ovvero della gloria”, distrugge tutto: tendere all’immortalità è vano, perché le ingiustizie di giudizio volute e casuali renderanno dura la vita al vero scrittore, il quale deve vedere il dono dell’ispirazione come una condanna inflittagli dalla Natura, e sopportarla con animo forte. 
Aldo Onorati –tuttavia- non si ferma a riportare con studiosa esattezza quanto dicono i quattro giganti del pensiero e della poesia, bensì “attualizza” la loro visione commentandola coi fatti di oggi e dimostrando l’attualità della visione degli autori esaminati. Come dire che nulla di nuovo c’è sotto il sole. Una lettura salutare, educativa, scritta con penna fruibile: dovrebbero leggerlo tutti gli aspiranti alla gloria letteraria.

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