Condividiamo le riflessioni di Fausta Genziana Le Piane (poeta, scrittrice e giornalista) sull'opera di Nina Maroccolo "Malestremo":
Nina
Maroccolo, “veggente” del XXI secolo
Nina
Maroccolo è un talento raro, uno di quelli che si è felici di
incontrare perché tanto c’è da imparare dal loro modo di scrivere
e vivere la realtà. E’ un’artista vera dalla personalità
originale e spiccata anche nel modo di vestire e di porgersi, del
tutto personali, sorprendenti e stravaganti. Vengono in mente i
grandi dandies (senza la loro ostentazione di eleganza, il
loro disprezzo, il loro distacco dalla realtà), da Oscar Wilde a
Charles Baudelaire per i quali l’abbigliamento era già poesia, un
modo di presentare con orgoglio la propria diversità in un mondo
omologato. In un’epoca in cui l’Arte è grigia, appiattita, fatta
di luoghi comuni, Nina, sincera e imbarazzante, è una voce
fuori dal coro: propone sperimentazioni di linguaggi e contenuti mai
fini a se stessi.
Questa
non vuole essere una recensione a Malestremo perché altri
meglio di me sapranno farla ma, solo una riflessione.
La
formula breve data ai racconti di Malestremo – Sedici saggi
sull’altrove, Edizioni Tracce, 2013 - ne facilita la lettura: ogni
racconto è come un lampo accecante. Nina si tuffa nell’abisso del
suo io che diventa sé e poi noi: “Je est un autre”, fissando
le sue vertigini.
La sua scrittura – del
tutto particolare – insolita, evocativa, a volte surreale, a volte
allucinata - che ricorda, come ho già detto quella di Arthur Rimbaud
- scava l’insondabile, cerca sogni, miti, destinazioni, magie,
luoghi d’appuntamento. Istanti. Dall’infinitamente piccolo
all’infinitamente grande. Dal racconto intitolato Cronistoria di
un’attesa dove un appuntamento segnato dallo scorre dei minuti
diventa pretesto per indagare se stessi a quello intitolato In
viaggio dove la ricerca spirituale - cominciata nei due libri
precedenti - continua puntuale.
Il
libro è, infatti, sospeso tra realtà – la terra – e
spiritualità – il cielo, l’alto, tra realtà e sogno. Ricorre
l’immagine della montagna (In viaggio, Si è frantumata la
montagna): alta, verticale, vicina al cielo è il simbolo della
trascendenza e del centro. La montagna frana, bisogna iniziare un
nuovo cammino.
Indimenticabili sono i
ritratti femminili dalle multiformi personalità, intriganti e
misteriose, da Musidora a Jeanne, da Annette a Marianne narrate ora
in prima persona, ora in terza.
Vale
per Nina ciò che Kezich disse del film Persona di Bergman:
Nina riduce all'osso le ambientazioni per indirizzare il lettore
verso i personaggi,
come "un diabolico dominatore". Proprio in questo aspetto
trova adempimento l'intenzione sperimentalista del racconto. Tutte le
donne si presentano infatti come le rispettive facce della stessa
medaglia, cioè di Nina. E la medaglia è l'anima della donna
contemporanea. Passata la fase dell’identificazione - che è solo
una fase di passaggio dall’io si arriva all’altro, all’amore,
all’amore che dà la vita. Dice Bergman: “La vita si manifesta in
mille modi diversi” ed uno di questi è l’amore.
Il
senso della letteratura è quello di rappresentare la realtà, la
realtà ultima che è non solo il non
senso dell'essere ma anche la primordiale
irrazionalità dell'uomo: Nina con la sua scrittura si addentra nel
sottosuolo del reale.
Fausta Genziana Le Piane

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