Condividiamo una recensione alla silloge di Claudia Iandolo "Alia" apparsa su AmericaOggi - supplemento de La Repubblica - domenica 17 febbraio, firmata da Enzo Rega.
Con la Iandolo la semplicità dei giorni
Benché sia poetessa vera, proprio perché è poetessa vera, l’irpina Claudia Iandolo fa un uso “sobrio” della parola poetica. Sono passati sei anni da Aegre, e solo ora esce un nuovo volume «Alia» (Tracce, Pescara, 2012, pp. 80, euro 11), che riprende quella raccolta, aggiungendo poche, centellinate, altre cose, o cose altre, come suggerisce di tradurre il titolo Plinio Perilli nella sua lunga introduzione. Cose, che fanno però un dittico con quanto già apparso, continuandone il discorso e le modalità, in una certa sospensione del dettato che lascia sollevato il significato perché il lettore se lo appropri nella sua personale lettura.
Una misura classica che affronta la contemporaneità, sottraendosi alla chiacchiera dissipatrice e ridondante per ridare significato ai silenzi degli spazi vuoti. Nitore e levigatezza del dettato consegnano un testo che non si esaurisce in sé, ma che si offre all'intelligenza del lettore perché collabori alla ricostruzione della trama del reale che sembra sfrangiarsi nella quotidiana usura della vita. È quello che facciamo, nel gesto minimo, nel movimento esatto d’una mano, nella postura d’un corpo, in un respiro respirato insieme, è qui che tutto riacquista, se può, un senso.
Scrive in Alia Iandolo: “Allora svelerà l’inganno / Del non detto / Del taciuto / Del mai pensato / Il gesto semplice delle mani” (p. 21). Quelle mani che per un pensatore terragno e celeste, Giordano Bruno, erano il naturale, necessario completamento del pensiero: “E laverò le tue mani / Le tue piaghe di viaggiatore solitario” (p. 30), leggiamo ancora in Alia.
Viaggiatori solitari, come siamo tutti, su questi pianeti migranti, tra vento e acqua, tra i quali si consuma il tempo datoci. Eppure, in questo svaporare, si parla di Pasque di rinascita e di madri come in un radicamento pur nella precarietà: “Madre di carne… Madre di consolazione… Implausibili madri… madre imperfetta… mia perfetta madre… necessarie madri mie… Madri delle mie madri…” (p. 22-23). Di quelle madri di cui nulla si sa, a differenza dei padri, anche se una donna fu madre di Dio, come vuole un’“ipotesi perfetta” (p. 19). Madre significa anche terra (sono in questa poesia ricorrenti i quattro primordiali elementi: acqua-ariaterra-fuoco), quella terra irpina, che si allarga all’Abruzzo, tragicamente gemellato-in-terremoto.
Il senso di una terra dolce-aspra non può essere reso meglio che da una pianta come l’ulivo (se certi riferimenti fanno pensare a un Cesare Pavese, qui viene in mente la Liguria degli “ulivi incielati” di Francesco Biamonti, o la Lucania di Scotellaro): “Ma gli ulivi hanno / Brividi di vento / Risacche di luce / Respiri di terra // L’abbraccio forte della notte / che ci accompagna alla morte // Hanno tempo, gli ulivi” (p. 36). Come un ulivo si radica alla terra questa poesia, ma per respirare nel cielo. Il cielo che s’apre su tutti noi, “Animali affidati alla terra” (p. 37).
Claudia Iandolo, nata a Milano per caso, laureata in lettere classiche, insegna italiano e latino nei licei. Ha pubblicato per il teatro Rossa luna di Novembre e altri (Grafic Way, Avellino 1995); per la poesia Aegre (Elio Sellino Editore, Avellino 2004); saggistica per il Centro di Ricerca Guido Dorso di Avellino, i romanzi Il paese bianco di Isidora vecchia (Mephite, Avellino 2005); Qualcuno Distratto (Palomar, Bari 2007). È autrice del testo Marinai di terraferma, musica di Gianvincenzo Cresta (Stradivarius, Milano 2007). È apparsa sulle riviste: “L’Indice”, “L’Area di Broca”, “Zeta”, “Interpretare”, “Gradiva”; Poliscritture e nel collettaneo Il silenzio del diritto (SEI edizioni). È presente in varie antologie tra cui Ti bacio in bocca - antologia di poesia erotica al femminile (Edizioni LietoColle), e Poeti per l’Abruzzo (Edizioni Tracce). Ha ideato e cura la direzione artistica del festival di letteratura per l’infanzia Astolfo sulla luna.

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