di
Dante Maffia
Non è facile che il dolore diventi saggezza,
che l’inferno si trasformi in parole nitide, perfino audaci, che da un abisso
qualcuno ritorni per dirci di una verità così grande che investe di sé
l’universo e non accetta nessun nome, nessun involucro, nessuna dimensione.
Ecco perché Fabio Pierangeli ha potuto
parlare del lessico nuovo di Nina Maroccolo, ha potuto certificare
un’esperienza che prima di essere poetica è stata umana, anzi, disumana fino
allo stremo, fino alla consumazione della parola stessa per poi rinascere senza
scorie, ma con tutto il peso di secoli di ascolto.
Da qui le espressioni, per dirla con Elias
Canetti, urticanti, le espressioni che tutti evitano perché s’impigliano nell’animo
di ognuno e pretendono la presenza attenta, vigile, stavo per dire
collaborativa.
Non si dimentichi però che Nina Maroccolo ha
grandi capacità linguistiche e che dunque non si è affidata alla casualità o a
una struttura senza struttura: ella ha scelto il lessico e perfino le sillabe,
in modo che l’armonia dell’insieme non soffrisse di dimenticanze o di
dissonanze.
E se qualcuno volesse azzardarsi e definire
perentoriamente il libro sbaglierebbe, perché esso è poesia e prosa,
confessione e storia di un’anima e di un corpo, inferno e purgatorio, recherche e disconoscimento dei
traguardi per nuovi traguardi, diario, teosofia. Del resto è da tempo che la
letteratura più aperta non cincischia nelle definizioni, proprio perché ci sono
testi come questo che hanno bisogno di una totale adesione, di un abbandono
senza limiti.
A fine lettura mi è perso di avere
attraversato parecchi mondi: quello poetico, quello narrativo, quello teatrale,
quello psicanalitico, quello medico, quello filosofico, quello pittorico,
quello clinico, quello storico. Eppure non mi sono accorto di passare da una
tensione a un’altra. Nina mi ha accompagnato per mano verso l’uscita, non senza
prima avermi lasciato addosso un’aura di sublimi verità.
Direi che questa dantesca passeggiata è
salutare per chi voglia capire fino in fondo che cosa è la sofferenza e la
perdita dell’io, ma anche per comprendere che “Devi solo decidere se sposarti
al timore, al disgusto e alla morte. O baciare, forte della tua nudità, una
nuova esistenza scelta da mani buone e generose”.
Il libro è denso e intenso, non permette
quasi di respirare se ci si lascia andare seguendolo passo passo, ed è molto
complesso proprio perché non vive di finzioni, non ricorre alle spezie della
letteratura né alle alchimie compositive della retorica. Raramente la parola si
presenta così nuda, cioè nella sua verginità assoluta, nel suo essere non
essendo. Da qui il fascino di ogni pagina che gronda di essenze naturali, da
qui la bellezza di una scoperta il cui fascino va oltre qualsiasi affermazione
di carattere critico stilistico.
Qui vive la vita, con le sue fessure che
tracimano totem e tabù, qui vive il dolore che grida, s’inceppa, origlia,
balbetta, pretende, squassa il diaframma dell’universo in cerca di appigli
nuovi per non cadere nell’indifferenza; qui vive lo sconforto e il dubbio e
soprattutto vive la forza ancestrale di un sogno che, nonostante le
interferenze della dannazione, riesce a ritrovare le sue coordinate e il suo
candore.
Bisogna dirlo senza timore: Nina Maroccolo
con Animamadre ci ha fornito un
percorso obbligato che dobbiamo tenere in seria considerazione se vorremo
trovare, anzi ritrovare la strada maestra. E non mi riferisco soltanto al dato
umano e psicologico che pure è avvincente e ricco di novità e di sorprese, ma a
quello letterario che si libera dal peso delle consuetudini e vola per
“Trasformare i sogni e la scrittura in alture supreme”.
DANTE MAFFIA
Poeta, scrittore e critico letterario
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