giovedì 22 marzo 2012

I CIELI DI SAN PIETROBURGO e NA VULIJE: presentazione dei libri di Igino CREATI e Mara SECCIA



Le Edizioni Tracce organizzano per sabato 24 marzo 2012, alle ore 18,00, presso Profumo di Sole, in Via L’Aquila 18, a Pescara, un doppio incontro culturale con i poeti Igino Creati e Mara Seccia, che parleranno delle loro ultime pubblicazioni: “I cieli di San Pietroburgo”, ottava silloge poetica di Igino Creati, e “Na vulije...”, raccolta di poesie in vernacolo. Daniela Quieti (Poetessa) presenterà il libro di Igino CreatiGiancarlo Giuliani (Poeta) presenterà la raccolta poetica di Mara SecciaCoordinerà l’incontro Nicoletta Di Gregorio (Presidente Edizioni Tracce).




Edizioni Tracce
Poesia
pp. 112 - € 18,00
ISBN 978-88-7433-376-5
Dalla prefazione di Luciano Luisi alla silloge poetica di Igino Creati:
Basterebbe il bel titolo "I cieli di san Pietroburgo", che conduce subito la memoria e la fantasia dentro immagini di struggente suggestione, a suggerire lo scenario nel quale prende corpo e, direi, si esalta, il testo di questa ottava raccolta poetica di Igino Creati. Ma subito vorrei cancellare quella parola "raccolta" che significa "insieme di varie poesie che possono essere di temi e di tempi diversi", pur se questa situazione sembra verificarsi anche in questo libro. E tuttavia non "raccolta" perché la sua lettura continua, l'immersione nel clima, nell'atmosfera che il poeta riesce a creare, il suo costruirsi attorno alla centralità di un personaggio femminile che del libro è origine e destinazione, suggerisce piuttosto la parola "poema". E dovremmo subito specificare "poema d'amore". Creati non è nuovo a questo tema nel quale ha già dato prove persuasive di intensità emotiva e di originalità formale, ma qui il tema si fa quasi ossessivo, coinvolge il senso stesso della vita e porta con sé il grande interrogativo della morte [...]. 

Igino Creati è nato ad Arsita (Teramo) e risiede da molti anni a Pescara. Laureato in lettere classiche, insegna Italiano e Storia nelle scuole Superiori. Ha lavorato come giornalista per 15 anni nelle televisioni private; ha collaborato e collabora a riviste e periodici con rubriche e interventi critici sulla letteratura contemporanea. È ideatore e organizzatore di numerose manifestazioni culturali tra cui il Premio Nazionale di Narrativa “Città di Penne”. È fondatore dell’A.S.P.A. (Associazione dei Poeti Abruzzesi). Ha vinto numerosi premi di poesia e critica letteraria tra cui il “Città di Pisa”, il “Ceppo – Nuove Proposte”,il “Chiaravalle” e il “Sant’Egidio”. Nel 1995 gli è stato assegnato il “Vanvitelli” per la sua poesia e per la sua attività di promotore. Opere precedenti: Gocce d’alba (1971), Dissidio (1973), La collina di luce (1975), L’onesta solitudine (1981), Via Donatello 23 (1986), Quarto piano (1995), Un tunnel lungo il cuore (2005). I versi di Creati sono stati tradotti in lingua rumena, greco, russo, inglese e spagnolo.


Edizioni Tracce, 2010
Poesia
pp. 216 - € 12,00
ISBN 978-88-7433-691-3
Dalla prefazione all’opera di Mara Seccia:

 “…Una maniera forte e suggestiva per ritornare alle radici, per provare la gradevole sensazione di sentirsi rinascere, per assaporare quasi l'orgoglio di appartenere a una gens. Perché il dialetto ridà una identità profonda, più vera di quella anagrafica, più autentica di quella che si va formando attraverso l'esistenza.”
(Maria Santalucia Semproni)

Mara Seccia è nata e vive a Pescara. Ha insegnato nella scuola primaria amando molto il suo "mestiere di maestra" e ha imparato dai bambini l'importanza e la bellezza del vivere insieme, di essere amici, di saper sorridere. Da sempre profondamente legata alla poesia, da alcuni anni ha riscoperto la genuinità, l'espressività della lingua dialettalo nella quale ritroviamo la memoria, l'antica saggezza, le consuetudini di vita quotidiana e l'arguta filosofia popolare della nostra gente.
Considera l'"antica parlata" strumento di difesa di una identità storica e individuale, di una tradizione culturale, di una coralità che non si possono ignorare. Essa è la voce di un mondo che rischia di perdersi, in grado però di lasciare un'eredità etica che l'uomo moderno ha smarrito: la consapevolezza di appartenere ancora alla propria piccola realtà con quell'insieme di sensazioni, sonorità, fantasie espressive che il dialetto ci sa mettere nell'animo. 





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