Condividiamo l'intervento di Vito Moretti (docente universitario, saggista e poeta) sul libro di Nicoletta Di Gregorio "Vertigine d’acqua", in occasione della presentazione del libro del 23 maggio durante la prima edizione di Rosadonna, il primo Festival dell'eccellenza femminile d'Abruzzo...
"Della poesia si è detto tanto, e tanto - in effetti - si può dire: - che essa tende ad interiorizzare l’infinita molteplicità dei sentimenti e a restituirla con la sublimazione del linguaggio lirico; - che essa è un progetto del “profondo” nel quale si possono riconoscere tutti i modelli dell’uomo; - che essa è un orizzonte dove l’essere trova i propri passi e intuisce le proprie motivazioni; - o che essa è il punto in cui il vissuto si fa “memoria universale” e verità (verità senza aggettivi, verità che ha la forza di congetturarsi e di declinarsi fuori dai parametri razionali di chi scrive).
La poesia è certamente tutto questo: e tutto questo, peraltro, si ritrova con puntualità nei testi di Nicoletta Di Gregorio, che è autrice di consolidato e duraturo esercizio, a partire da quel lontano 1979 (34 anni fa!), quando dava alle stampe il suo primo libro: Volo il tempo (due termini, volo e tempo, che bisognerebbe tener presenti per la loro carica profetica e perché la scrittura della Di Gregorio li ha assunti,costantemente, come argini esemplari di un poetare che si alza sul mare delle cose, per cogliervi d’un balzo l’alito e le forme dell’Assoluto, e che, allo stesso momento, sa tenere i piedi sul duro della terra, sullo zoccolo che le permette di prendere la spinta e di andare su).
Ma non è questa la sede per documentare il suggestivo percorso compiuto da Nicoletta Di Gregorio, e il poco spazio a disposizione mi obbliga a concentrare il discorso sull’ultima raccolta, Vertigine d’acqua (Pescara, Tracce, 2011).
E dico subito, allora, che la poetessa - come scrive Tara Gandhi nella sua introduzione al volume - segue «lo spirito irrequieto per cogliere l’ignoto»; esplora il mistero del tempo, della creazione, dello spazio e del linguaggio per intuire la verità e per farne partecipe lo spirito.
Ma è anche un percorso dialettico in cui si incontrano il mondo della luce e quello dell’ombra, la realtà del quotidiano e la lontananza del sogno, la sillabazione della voce e la pregnanza del silenzio, cioè le antinomie che, dialetticamente, parlano dell’anima (o del cuore, o della ragione) proiettata a conoscere e a superare i confini dei tanti mondi che solo la poesia sa intuire e additare al lettore.
È una poesia (se mi si permette il paragone) che dalla terra va in alto, si fa nuvola e poi, con la pioggia, torna alla terra come gocce, a bagnare e ad appartenere a tutti, a dissetare le diverse zolle che fanno il campo di ciascuno.
Questo accade leggendo, ad esempio, le poesie come Sarò precipizio, Il mio nome, Ho coperto come falco, Obliquo o Non vacilla. Le sensazioni della poetessa (i suoi pensieri), dalla babele della vita (che rumoreggia e crea frastuono), si fanno ricerca, sogno, itinerario, volo, su un’architettura che è, insieme, semplice e complessa, nitida e - allo stesso tempo - nelle più tormentose inquietudini della contemporaneità.
Una poesia, anche, che comunica finezza, rivelazioni di grazia, offerte di innocenza, levità e attitudini al raccoglimento, una percezione di fragilità e un fuoco che non sembra estinguersi neanche dopo la lettura dell’ultimo componimento: un fuoco, che alimenta altre immagini, altri ricordi, altri paesaggi d’anima, anche a pagine chiuse, quando si resta soli con se stessi e con l’eco delle parole lette."
Vito Moretti
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