Condividiamo la recensione di Bartolomeo Errera alla silloge di Raffaele Stella Straniero nel mondo, apparsa sul numero 84 - Marzo 2014 - della rivista Leggere:Tutti:
Più che di un’attesa si dovrebbe parlare di “ricerca” dell’identità dell’uomo, una ricerca appassionata e a volte aperta ad un pessimismo non gradito ma costretto dalla realtà.
I versi del poeta Stella scavano nel substrato sociale e umano con l’intento dell’archeologo di risanare i pezzi rotti di una società in declino. Per arrivare alla rinascita Stella sarà minatore di sé stesso alla ricerca del proprio Io. I suoi versi sono una grande lente di ingrandimento che ingrandiscono tutte le miserie umane di cui si fa carico in quanto vittima della pochezza e della futilità che l’uomo sta attraversando. Ne consegue un’analisi spietata dell’animo umano attraverso versi che non conoscono quel mondo costellato di sogni, caratteristica delle moderne scuole di poesia.
Il percorso che ogni poeta a ffronta parte da sé stessi, da ciò che siamo o che non siamo, per arrivare ad una identità collettiva che abbia un valore. Il poeta Raffaele Stella percorre la strada in senso inverso (in versi), partendo da quella identità collettiva ormai inesistente per giungere al proprio Io. Il nostro autore saprà essere anche ironico e pragmatico, abbandonando le vie oniriche, caratteristiche dei nuovi filoni poetici, puntando il dito sulla realtà. Un’ironia delicata e triste quando ci invita a recarci all'anagrafe dove con pochi euro possiamo trovare la nostra identità: “All'anagrafe con venti o trenta euro ti dicono... In tempi di identità smarrita farci un salto conviene.”
Va da sé, ed il poeta Stella ne è consapevole, che la mancanza di identità conduce alla solitudine.
Va da sé, ed il poeta Stella ne è consapevole, che la mancanza di identità conduce alla solitudine.
La sua visione dell’uomo, direi drammatica, viene da lui rivisitata e rivissuta in prima persona, attraverso quella lente che ingigantisce, per meglio vedere, tutte le conseguenze della solitudine.
Il "mors tua vita mea” diventa legge e l’uomo impersonale si rifugia nel branco in attesa che qualcosa di improbabile accade, chiusi nel nostro angusto Purgatorio. La nebbia (ottima scelta di metafora) è un pretesto per non vedere l’altro, in un egocentrismo vivo nelle riflessioni di Stella, dove l’uomo non vede orizzonti o porti sicuri, ma continua la sua straziante navigazione a vista.
Il "mors tua vita mea” diventa legge e l’uomo impersonale si rifugia nel branco in attesa che qualcosa di improbabile accade, chiusi nel nostro angusto Purgatorio. La nebbia (ottima scelta di metafora) è un pretesto per non vedere l’altro, in un egocentrismo vivo nelle riflessioni di Stella, dove l’uomo non vede orizzonti o porti sicuri, ma continua la sua straziante navigazione a vista.
Sarà questa attesa spasmodica a creare nell'autore una rassegnazione (falsa) nella quale ci imbattiamo nel leggere i suoi versi. Lontani da una prima lettura ciò che sembrava è in realtà un voler approdare alla rabbia e all'inquietudine. In questo pessimismo di ricordo leopardiano e molto vicino a quella particolare rassegnazione pirandelliana dove possiamo incontrare il Quasimodo di è subito sera, Stella soffre, scalcia, ricalcitra, ironizza e condanna. La sua poetica, letta e riletta, offre tra le righe un monito chiaro: Samarcanda è sempre là, allora a che serve sfuggire spronando il cavallo in una fuga (dalla realtà e da sé stessi) improbabile. Ma tra noi e Samarcanda c’è il vivere, la terra d’origine, il vissuto e la memoria da trasmettere ai figli, ai giovani; che non si debba ricercare una identità e che i nostri figli non se ne sentano privati. Questa sua continua voluta, come spire di uno stritolante boa, appare come un pessimismo che definirei voluto e controllato, che mai sborda in rassegnazione, come ad esempio “Cosa resterà del passaggio” attraverso “il male di esistere”, lui stesso scavando e trivellando dice che si potrà “arrivare fino al cuore del nocciolo”.
Crolleranno le amarezze, le rassegnazioni di vite vuote, le pigrizie e le miserie umane per approdare a quell'io tanto anelato e ritrovato. Nel suo processo inverso per l’autore Stella sarà inevitabile l’incontro/scontro con i sogni ed il desiderio di arrivare all'ottimismo. “Un quantum che soffoca le troppe valigie dei sogni”, il quantum a cui allude è il bivacco smisurato degli aggeggi elettronici (smartphone, iPad, Iphone, videogame) ai quali l’uomo si affida nell'illusione di essere lui il solo padrone del proprio io, del proprio realizzarsi.
Un orgasmo tutto umano nell'avere un ostensibile; l’adeguarsi è d’obbligo, guai a non farlo.
Un orgasmo tutto umano nell'avere un ostensibile; l’adeguarsi è d’obbligo, guai a non farlo.
Per Stella questa visione dell’esterno, del mondo globalizzato è solo un’illusione e lui si sente straniero che paradossalmente vive in un acquario, “Vivo immerso in un acquario... manca qualcosa o qualcuno che sciabordi la vasca... che mi liberi dal guscio che mi serra.”
Siamo più di uno sbadiglio in una veglia eterna, e questi versi li imprime sulla roccia con uno scalpello mosso dalla forza del suo poetare.
Siamo più di uno sbadiglio in una veglia eterna, e questi versi li imprime sulla roccia con uno scalpello mosso dalla forza del suo poetare.
La chiave di volta, semmai ce ne sarà una, per ritrovare la personalità smarrita risiede nel tempo, perché esso rifiuta etichette o certificazioni, gli scivolano addosso le classificazioni (dei tuttologi). Nell'attesa della rinascita il tempo sarà l’ago della bilancia e quella clessidra che sta soffocando di sabbia l’uomo. Anche nei versi dedicati all'amore in senso stretto, il tempo la fa da padrone. Per il poeta Stella l’amore è il già vissuto e quindi vive solo nel ricordo, in ciò che è stato, ritmato in versi delicati ricadenti nel vuoto di ciò che era e che ora non è o non c’è. Un amore proiettato al passato, un back round passionale che trova vita nello sguardo rivolto al futuro, che inevitabilmente diventa a sua volta passato, una spirale senza fine dove l’amore è comunque sempre presente.
Straniero nel mondo di Raffaele Stella ci delizia di uno sguardo panoramico nella fragilità dell’uomo che in questo nuovo secolo è pregno di pochezza e di miseria dell’animo, o rendo con una forza tenace, da arrampicatore di rocce a mani nude, la speranza nella convinzione che l’uomo debba e possa crescere, ovvero ricrescere attraverso quell'amore dell'io, recuperato o riscoperto, che con prepotenza ed arroganza si abbatta dall'individuale all'universale, abbattendo le barriere dell’egoismo che oggi è la prerogativa dell’uomo.
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