Condividiamo le motivazione espresse dalla giuria del Premio Letterario Nazionale "Civitaquana" delle opere premiate:
I Classificato Aldo Onorati con il racconto "Un viaggiatore confuso"
Il racconto di Aldo Onorati, Un viaggiatore confuso, è un percorso originale nella realtà geografica e politica di una regione, il Lazio, compiuto con il proposito di comprendere il motivo delle tante divisioni operate dall'uomo nel corso della storia, ma con la consapevolezza che la Terra - come egli scrive - “è carne viva, identica e disuguale” ovunque, a cui si è dato “nomi strani e confini inesistenti” per rimarcare fatti e circostanze che hanno finito per tradire la reale fisionomia del territorio, i tratti antichi e plausibili della sua cultura e della sua gente. Sicché Andrea, il protagonista di tale “viaggio”, scopre - con un’intuizione davvero moderna - che è solo la lingua (anzi, il dialetto) a fare la differenza, e, con essa, la storia interna (quotidiana e tangibile) di un popolo”: non invece quella scolastica e libresca delle “res gestae”, perché c’è una vita (un mondo) che percorre i propri sentieri e le proprie manifestazioni senza che le vicende o i conflitti della politica possano imbrigliarla e tradirla.
Il “viaggio”, dunque, è un vero e proprio itinerario entro le coordinate di una identità unitaria e universalistica che si rivela al lettore via via che il personaggio percorre le strade della Sabina, del Viterbese, dei Colli Romani ecc., e, in questo stesso percorrimento, il protagonista scopre - per un verso - la “fondamentale unità dello spirito umano”, e - per altro verso - le inconsistenze e le contraddizioni dei confini tracciati dall'uomo sulla carta, il loro carattere fittizio quanto arbitrario, fino a decidere - in una soluzione che chiude intelligentemente anche il racconto - di togliere dalle mappe geografiche in suo possesso ogni linea di demarcazione, non solo per l’Italia, ma per l’intera Europa e, più tardi, per ogni continente in cui la Natura (la bella natura del Creato) manifesta le sue ricche e complesse espressioni di vita e di amore. Si tratta, quindi, di un racconto che impegna il lettore non soltanto in una interlocuzione letteraria, piacevole e di ottima scrittura, ma anche in una serie di riflessioni sulla realtà dell’uomo e sulla sua vocazione alla pace e alla convivenza civile, senza trascurare quel che di importante si è prodotto nel corso dei secoli e che ancor oggi costituisce il vero patrimonio della civiltà e dell’umana bellezza.
Il racconto di Aldo Onorati, Un viaggiatore confuso, è un percorso originale nella realtà geografica e politica di una regione, il Lazio, compiuto con il proposito di comprendere il motivo delle tante divisioni operate dall'uomo nel corso della storia, ma con la consapevolezza che la Terra - come egli scrive - “è carne viva, identica e disuguale” ovunque, a cui si è dato “nomi strani e confini inesistenti” per rimarcare fatti e circostanze che hanno finito per tradire la reale fisionomia del territorio, i tratti antichi e plausibili della sua cultura e della sua gente. Sicché Andrea, il protagonista di tale “viaggio”, scopre - con un’intuizione davvero moderna - che è solo la lingua (anzi, il dialetto) a fare la differenza, e, con essa, la storia interna (quotidiana e tangibile) di un popolo”: non invece quella scolastica e libresca delle “res gestae”, perché c’è una vita (un mondo) che percorre i propri sentieri e le proprie manifestazioni senza che le vicende o i conflitti della politica possano imbrigliarla e tradirla.
Il “viaggio”, dunque, è un vero e proprio itinerario entro le coordinate di una identità unitaria e universalistica che si rivela al lettore via via che il personaggio percorre le strade della Sabina, del Viterbese, dei Colli Romani ecc., e, in questo stesso percorrimento, il protagonista scopre - per un verso - la “fondamentale unità dello spirito umano”, e - per altro verso - le inconsistenze e le contraddizioni dei confini tracciati dall'uomo sulla carta, il loro carattere fittizio quanto arbitrario, fino a decidere - in una soluzione che chiude intelligentemente anche il racconto - di togliere dalle mappe geografiche in suo possesso ogni linea di demarcazione, non solo per l’Italia, ma per l’intera Europa e, più tardi, per ogni continente in cui la Natura (la bella natura del Creato) manifesta le sue ricche e complesse espressioni di vita e di amore. Si tratta, quindi, di un racconto che impegna il lettore non soltanto in una interlocuzione letteraria, piacevole e di ottima scrittura, ma anche in una serie di riflessioni sulla realtà dell’uomo e sulla sua vocazione alla pace e alla convivenza civile, senza trascurare quel che di importante si è prodotto nel corso dei secoli e che ancor oggi costituisce il vero patrimonio della civiltà e dell’umana bellezza.
II Classificata -ex aequo- Diana De Caprio con il racconto "La pecora nera e il pensiero libero"
Il racconto di Diana De Caprio (senza titolo, ma che potrebbe intitolarsi “La pecora nera e il pensiero libero”, come sembrerebbe suggerire anche l’esergo) è una suggestiva riflessione sulla necessità e sui rischi di una scelta che obblighi a fare i conti con i propri doveri e con la necessità di evitare l’ipocrisia e i facili accomodamenti. La narrazione - condotta in prima persona - traccia infatti il profilo di una giovane donna (forse la stessa autrice) che, cresciuta sulle righe di un forte carattere, esercita la volontà dell’autodeterminazione come pratica di esistenza, scontrandosi con le resistenze che la società perbenistica le oppone nelle circostanze e nelle consuetudini della vita. Consapevole, tuttavia, che “scegliere non è mai facile” e che ogni volta si “finisce col perdere pezzi del proprio mondo” o col registrare solitudini e delusioni, la protagonista trova la forza di restare se stessa e di tener salda la sua volontà nella certezza (che è anche il contenuto specifico del racconto) che ciascuno debba assumere le responsabilità del coraggio, della coerenza, della dignità e della rettitudine, finendo col trasformare ogni piccola sconfitta in una ragione di crescita e di compiuta maturazione. Sicché, quella cifra al singolare, che accompagna la protagonista negli anni dell’adolescenza e delle prime determinazioni, si rivela essere una modalità perspicace, alimentata da infinite risorse: un acquisto - insomma - che le fa comprendere, alla fine, una verità incontrovertibile, e cioè che - per “assaporare la libertà” piena ed autentica - è necessario “imparare a lasciarla”, sia pure in parte, per riempirla di altre cose, di altri sentimenti, di valori, dunque, altrettanto necessari ed opportuni. Anche la scrittura, in sé affabulante e di bella suggestione narrativa, asseconda questa comprensione e la fa vivere nella sfera delle parole e delle emozioni.
II Classificato -ex aequo- Mazen Srari con il racconto "Cuore d'acciaio"
Il racconto di Mazen Srari, Cuore d’acciaio, narra la vicenda di un ventenne girovago, Jamal, che ripropone la storia di tante giovani esistenze alle quali la vita ha riservato - malgrado le capacità e le buone attitudini - un destino di sventure e di privazioni. Il mondo, peraltro, è percepito dall'esule Jamal come una vera e propria “trappola”, con un passato ricolmo soltanto di tristezza e disillusione.
Giunto a Pescara dalla Libia, Jamal si stabilisce nella zona del porto, dove si
adatta alla vita di mare a bordo di un peschereccio, ma - in un improvvido giorno di luglio - la barca è colpita da una violenta bufera e il giovane, risucchiato dalle onde, è in procinto di affogare. Tratto in salvo, Jamal si avvede ben presto dell’affetto che molti nutrono nei suoi riguardi e, quindi, scopre - o riscopre - la forza dell’amicizia, il calore che dà seme al cuore e fa rinascere a nuova vita. La circostanza si ripete nei giorni a seguire e si intreccia a momenti di socializzazione e di rapporti che, via via, trasformano la consuetudine al pessimismo e al rammarico (che gli aveva procurato il soprannome, appunto, di “Cuore d’acciaio”) in atteggiamenti di cordialità e di fraterna confidenza, fino a farne un individuo diverso, più affabile e persino disposto - lui musulmano convinto - al dialogo interculturale e interreligioso.
Il racconto sembra trovare in questi stessi nuclei la sua forza più turgida, con un messaggio che va certamente raccolto e sostenuto, specie nella società contemporanea, ancora sorda ai valori della solidarietà e dell’autentico umanesimo. Ma lo scrittore confida, a chiusura, un suo proprio ottimismo, affidato ad una massima che è bene ricordare sovente: “Non esiste notte tanto lunga che impedisca al sole di risorgere”.
III Classificato Roberto Tonelli con il racconto "Il lupo"
Il racconto di Roberto Tonelli, Il lupo, conduce il lettore nella realtà dell’Abruzzo montano, sullo sfondo della Majella innevata e dei paesaggi rupestri, dove il rigore delle notti e dei venti mette a dura prova le capacità degli uomini e degli animali.
Il racconto di Roberto Tonelli, Il lupo, conduce il lettore nella realtà dell’Abruzzo montano, sullo sfondo della Majella innevata e dei paesaggi rupestri, dove il rigore delle notti e dei venti mette a dura prova le capacità degli uomini e degli animali.
In quel contesto il protagonista e un suo amico incontrano all’improvviso un giovane lupo che li stimola dapprima ad una sorta di competizione, nella quale i due tentano inutilmente di catturare la preda, rivelatasi astuta di antica e istintiva furbizia, poi, dopo essere tornati sui monti ed aver ritrovato lo stesso lupo ferito e privo di forze, a smettere i logori panni di predatori e a trasformarsi in soccorrevoli “amici” del povero animale. Da quel momento, infatti, fra i due uomini e il lupo (che viene curato e reso domestico) s’instaura un rapporto intenso e reciprocamente corrisposto, che sottintende anche una diversa percezione del mondo animale e della stessa natura, all'insegna di sentimenti profondi ed autentici, nella cui sfera, peraltro, viene via via coinvolta - in positivo - tutta la piccola comunità del loro intorno (la famiglia, il vicinato, l’ambiente del lavoro); sicché la vicenda - che si conclude dopo vari anni con la morte naturale del lupo - assurge ad un implicito dettato simbolico-allusivo, reso ancor più efficace dalla densità dei livelli narrativi e dall’uso perspicuo dei registri linguistici.
Per queste ragioni, la Giuria del “Civitaquana 2013” ha deciso, alla unanimità dei voti, di assegnare al racconto di Roberto Tonelli, Il lupo, il III Premio.
Premio Speciale del Presidente della Giuria a “L’erba verde” di Gulnara Sharafutdinova
Immagini ed emozioni si materializzano in una scrittura limpida e suggestiva nella cornice di paesaggi naturali e urbani che evocano vibranti sentimenti, memorie e percezioni di nuovo stupore.
Dall'accostamento di due culture emerge un’atmosfera di felice commozione che ridisegna l’itinerario esistenziale dell'Autrice con autenticità e delicatezza espressiva. Il racconto “L’erba verde” testimonia la meraviglia scaturita dall'aver visto e respirato profumi, scenari, colori, ma soprattutto dall'aver toccato per la prima volta la fresca erba verde nella brezza giustapposta a un gelido e innevato inverno siberiano, mitigato tuttavia da tradizioni, affetti e amore. Gli elementi descrittivi attingono a un ricco universo interiore riaffermato attraverso la parola e le sue molteplici sfumature in uno straordinario incontro con l’altro, con il territorio e con la sua bellezza.
Premio Speciale "Società Romantica" a “Bianco e nero” di Alessio Masciulli
Nel racconto “Bianco e nero” l’Autore descrive lo spaccato intimo e tuttavia universale di un tempo trascorso, restituendo colore a memorie ed esperienze che divengono ragioni d’anima e significati di vita. Ricordi e sentimenti pervasi di coinvolgente emotività operano un ricongiungimento con le vicende umane di un’altra epoca, sullo sfondo della grande emigrazione, e proiettano nella contemporaneità la sofferenza, i saperi, i valori e gli insegnamenti divenuti patrimonio collettivo e di un cosmo interiore. Le parole scritte con uno stile limpido e suggestivo fanno emergere rumori, tradizioni e rappresentazioni di una terra e di una società differente sul piano culturale ed etico, restituendo al presente una quotidianità fatta di piccoli e grandi eventi i cui intensi e incancellabili ritorni vengono trasfigurati in motivazione e speranza.
Premio Speciale della Giuria a “L’aia di Peppe” di Federica Tedeschi
Il racconto “L’aia di Peppe” di Federica Tedeschi riscopre, con freschezza e capacità descrittive, l’incanto dei ricordi dell’infanzia, le tradizioni, i “pezzi e le radici” dal sapore familiare che hanno contribuito a fare la storia individuale e collettiva di una società del passato, trasferendone l’eco degli inestimabili valori nel tempo presente. Si evidenziano le buone e sane abitudini di una comunità scandita dai ritmi sereni di un vissuto trascorso in luoghi tranquilli, in sintonia con l’avvicendarsi armonioso delle stagioni in un territorio incontaminato.
Dalla condivisione emotiva e ambientale di spazi, storie e istanti, emergono i valori dell’amicizia, del rispetto, della solidarietà, degli affetti, delle piccole e grandi speranze che hanno lasciato segni indelebili nella continuità della vita.
Premio Speciale della Giuria a “Una natura da vivere” di Giampiero Margiovanni
Una natura difficile e affascinante da vivere al contempo diventa osmotico paesaggio d'anima, d’esistenza e d’indagine introspettiva del sé. Nello scenario ambientale l’Autore ripercorre il sentiero memoriale delle commozioni e degli affetti scomparsi, nell'anelito di elaborare il distacco e trovare consolazione all'umano patimento. Il primigenio territorio montuoso declina e decanta certezze sgretolate per ristrutturare le crepe di un mosaico esistenziale fortemente ispirato ai volti e ai luoghi più cari impressi nel ricordo. Pur nella sofferenza, dalla realtà frantumata e prevaricante l’Autore sa trarre le ragioni e le attese che condensano nella scrittura significati e assenze, vivificandone la materialità immanente nella
conquistata capacità di “andare avanti”, mantenersi “in contatto con la civiltà e smettere di osservarla soltanto questa natura, ma viverla”.
Nessun commento:
Posta un commento