La raccolta poetica contiene la prefazione di Ubaldo Giacomucci e la postfazione di Anna Spissu, di cui condividiamo un frammento:
Il libro di Debora Ricci esplora, in una dimensione a tratti fiabesca e a tratti surreale, l’esistenza di un “altrove” non meno reale del mondo quotidiano, un luogo di silenzio e di pace (“sono felice dentro questo silenzio”), dove la nostra natura più intima possa manifestarsi, dove possiamo esistere così come sentiamo profondamente di essere (“credevo di avere la natura delle nuvole / credevo che il sole fosse mio compagno”). Quello che colpisce, da subito, nelle poesie dell’Autrice, è che questo “altro mondo” è immediatamente percepito da chi legge come tangibile. Da qualche parte esiste (“ecco un luogo che tutti annoia / un regno di luce, una luce che abbaglia”, “un elce accosta i suoi rami alle finestre”, “nemmeno gli animali osano avventurarsi quassù”).
Ma non sono solo le immagini poetiche a indurci a questo pensiero, è anche la lingua usata da Debora Ricci, con l’uso frequente del participio passato e l’assenza, o meglio, la presenza immaginata o sottintesa del soggetto, non sempre esplicitato. Come se il mondo descritto non ne avesse bisogno in quanto reale e conosciuto. Così questa realtà, pur difficile da raggiungere (“L’approdo non è sicuro / ho alcune certezze / alcuni punti sicuri nella mappa delle emozioni / il resto fluttua spinto dai venti”), diventa tanto concreta quanto fragile, tanto vicina quanto talvolta inarrivabile, e visibile solo da un vetro opaco (“Eccole sulla spiaggia / le mie anime assenti”, “Dal vetro opaco della stanza / le osservo con nostalgia”).
Ma non sono solo le immagini poetiche a indurci a questo pensiero, è anche la lingua usata da Debora Ricci, con l’uso frequente del participio passato e l’assenza, o meglio, la presenza immaginata o sottintesa del soggetto, non sempre esplicitato. Come se il mondo descritto non ne avesse bisogno in quanto reale e conosciuto. Così questa realtà, pur difficile da raggiungere (“L’approdo non è sicuro / ho alcune certezze / alcuni punti sicuri nella mappa delle emozioni / il resto fluttua spinto dai venti”), diventa tanto concreta quanto fragile, tanto vicina quanto talvolta inarrivabile, e visibile solo da un vetro opaco (“Eccole sulla spiaggia / le mie anime assenti”, “Dal vetro opaco della stanza / le osservo con nostalgia”).
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