Come parlare di questo libro di Nicoletta Di Gregorio? Quali parole adoperare? Come entrare dentro le pagine del libro? Il titolo indica proditoriamente la chiave di lettura del libro; ma è una chiave? O uno stratagemma per schermare al lettore l'ingresso nel libro? In fin dei conti, ogni ingresso nel Libro-Tempio è un ingresso da scassinatore, e il critico è un po' simile allo scassinatore che vuole entrare a mano armata e con gli scarponi chiodati all'interno del Tempio d’acqua, di una vertigine fatta d'acqua, nell'insondabile materia equorea.
Nutrirsi del flusso del presente, nuotare con la corrente d'acqua nel verso della corrente, volare con le ali del vento in direzione del vento, questo propriamente significa «fluire».
Vertigine d'acqua è, anche stilisticamente, questo fluire nel senso dell'ingannevole «presente», svuotato di pienezza di esperienza significativa; materiata di immaterialità è questo fluire di tutte le cose verso la trasparenza di una innominabilità ove tutto svanisce e fluisce nella fusione del nome con il non-nome, del silenzio con il non silenzio nella terra della «Madre Terra» come indica nell'introduzione Tara Gandhi Bhattacharjee.
Così, ecco la richiesta rivolta ad Andreij Tarkovskij il figlio regista del grande poeta Arsenij Tarkovskij: «Insegnami / il silenzio ipnotico / dell'alga che irretisce / e sprofonda l'anima / che tace», dove è chiaramente espressa la posizione di poetica, anzi di pre-poetica della poetessa di Pescara per una poesia che oscilli tra il «silenzio ipnotico» e «l'anima che tace»; c'è qui chiaramente espresso il concetto di un dimagrimento della materia fino alla diluizione e alla fluidificazione massima. La poesia di Nicoletta Di Gregorio si consuma così in questa fluidificazione universale in mezzo alla fluidificazione delle forme e dei linguaggi.
(Giorgio Linguaglossa)
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