“Vertigine d’acqua” è il titolo dell’ultima silloge di Nicoletta Di Gregorio, uscita in libreria per i tipi di Tracce nella collana I Cammei.
La poetessa mantiene intatto nei nuovi versi il segno della sua originalità, ma dalle origini simboliche e metafisiche è approdata oggi a un linguaggio rarefatto, a tratti alogico, espressione di una surreale incomunicabilità.
Imbruma / l’ombra dolce che induce / se oltre si tace, / l’orizzonte a dilatare…
I versi di “Vertigine d’acqua” nascono e combattono nel mondo della “modernità liquida” del grande sociologo polacco Zygmunt Bauman che ha teorizzato il disagio e le contraddizioni delle nostre relazioni egotiche e interpersonali nella realtà odierna schiacciata tra virtualità e realtà.
Siamo ancora oggi capaci di relazionarci con l’altro o lo smantellamento delle sicurezze e una vita liquida sempre più frenetica ci conduce inevitabilmente all'esclusione sociale e all’omologazione?
…siamo meteore / angeli legati / ad appigli inesistenti…
Il passo successivo a questi processi non può essere purtroppo che la spersonalizzazione e l'alienazione.
L’acqua è il mondo liquido nel quale la poetessa si dibatte e combatte contro la non condivisione, il cinismo e l’assenza all’altro.
…sarò forma d’acqua / estuario roccioso / tra due sé in dono /
eluvio serrato / nel senso perso / del divenire
Così come Bauman, Nicoletta Di Gregorio con i suoi versi ci ricorda in maniera enigmatica, che la morale nasce dall’impulso individuale ad aprirsi all’altro, indipendentemente da come l’altro si atteggia nei suoi confronti: il consegnarsi insomma totalmente dell’io al tu.
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